Fernando De la Rua, l'ex presidente argentino responsabile della definitiva caduta del paese verso gli inferi della bancarotta e tristemente noto per essere fuggito in elicottero dalla Casa Rosada il 20 dicembre 2001, in questi giorni è indagato dalla giustizia argentina.
L'accusa non è delle peggiori, o forse noi gente italica non siamo più abituati a considerarla tale, visto che la corruzione è la parola che più spesso accompagna il "curriculum" giudiziario dei nostri politici.
De la Rua è accusato di aver corrotto diversi senatori nel 2000, quindi un anno prima dello scoppio della crisi, col fine di favorire l'approvazione della reforma laboral, una riforma che introduceva la flessibilità e che abbatteva quello che è assimilabile al nostro art. 18, cioè permetteva il licenziamento in tronco dei lavoratori se l'azienda non era in grado di retribuire i propri dipendenti.
Questo è il caso più eclatante di corruzione tra i molti che vedono protagonista l'ex presidente, il quale è inoltre incriminato per aver avallato l'omicidio di cinque persone durante i cruenti giorni del 19 e 20 dicembre.
E' incredibile come il parallelismo tra Argentina e Italia sia tanto eclatante ed allo stesso tempo come la divergenza di trattamento giudiziario sia tanto netta: nella terra del tango chi è colpevole di corruzione viene condannato, chi si è macchiato del sangue di manifestanti viene condannato; nella terra dei cachi chi è indagato per corruzione fa una legge ad hoc per far cadere le accuse e chi è colpevole dell'assassinio di Carlo Giuliani in una triste giornata di luglio del 2001 non ne ha ancora risposto davanti la legge e, purtroppo, mai ne risponderà
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