La situazione colombiana è quanto di più insano la politica latinoamericana possa offrire. in questo paese si tiene la guerra più lunga che l'era moderna ha mai conosciuto, sono ormai CINQUANTA anni tra fragorose battaglie ed assordanti silenzi. che questa sia una guerra "anomala" è chiaro, ci sono troppi interessi in ballo per poter sancire la fine delle ostilità e consegnare il paese finalmente alla pace. conclusa la grande offensiva contro i narcos, con la sconfitta ufficiale dei vari cartelli della coca, anche se ad oggi il commercio della polvere bianca è floridissimo e ingrassa molti colletti bianchi, ha inizio la lotta per il potere. il democratico presidente Uribe tenta a tutti i costi di mantenere ben salda sotto il suo culetto a stelle e striscie la poltrona presidenziale e non ha la minima intenzione di concedere trattative ad oscuri nemici della libertà come il pericoloso Huco Chàvez. i negoziati sono stati chiusi, maledette FARC, e la figura del presidente colombiano dall'intera vicenda è risultata rinforzata. ci sono però due punti oscuri che Uribe ha segnato:
Se veramente sapeva della libertà del piccolo Emmanuel e addirittura era perfettamente a conoscenza del luogo dove veniva tenuto, perché non ha parlato agevolando così le trattative ed anzi entrando a pieno merito nel dialogo con le FARC, che a quel punto erano con le spalle al muro?
Mentre erano in corso le trattative delle commissione internazionale guidata da Kirchner, Uribe ha inviato nella selva colombiana ventimila uomini. come si chiama questa se non azione di disturbo?
Si potrebbe andare avanti ma il punto centrale è chiaro, ad Uribe non interessano accordi con il vecchio Tirofijo e soprattutto non è minimamente interessato a salvare la vita ad Ingrid Betancourt, sua prima competitrice nelle prossime elezioni.
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